Metti un saluto A te che leggi questo blog, di passaggio o con quotidianità, a te che credi o anche no, scrivi "un qualcosa" nei commenti, per esempio: il tuo nome o nickname, dove vivi, l'età, una frase, un saluto o quello che preferisci... Esprimiti con un "messaggio"... Un modo come un altro per interagire, per mandare un segnale, per dire "io ci sono"... Il ringraziamento è anticipato

giovedì 7 aprile 2011

Ricetta 16

Farro Con Erbette  E  Finocchiona 
Servono:  300 grammi di farro della Garfagnana, 2 spicchi di aglio, qualche foglia di maggiorana, olio extravergine,sale,pepe bianco, semi di finocchio;
per il paté di fegato: 2 fegatini di pollo, cipolla, sedano, sale, pepe bianco, vin santo, 70 grammi di burro, brodo di carne, 4 fette di pane toscano;

250 grammi di finocchiona, 150 grammi di foglie di bietola;
Mettete il Farro della Garfagnana a bagno in acqua calda e lasciatelo intenerire per circa 6 ore.
Sistematelo nella vaporiera e fatelo cuocere su un letto di foglie d'olivo coperto con alcune foglie di maggiorana. Toglietelo dalla vaporiera eliminando le varie foglie. Lasciate raffreddare e condite con olio extravergine, sale, pepe bianco e semi di finocchio passati al molinello. Nel frattempo, mettete le foglie di bietola in acqua bollente leggermente salata e, dopo un minuto gettatele velocemente in acqua gelata. Poi asciugate bene le foglie su un canovaccio, senza romperle. Lavate i fegatini, togliendo i residui di grasso, e tagliateli a pezzi. Tritate il sedano e la cipolla. Mettete in una padella a scaldare una noce di burro e appena imbiondisce aggiungete il trito di cipolla e sedano e i pezzi di fegatini. Lasciate rosolare, quindi salate, pepate e aggiungete 1/2 bicchiere di vin santo. Lasciate sfumare, mescolando spesso fino a cottura. A fine cottura passate tutto nel mixer e rimettete nella padella aggiungendo il burro rimasto. Mescolate fino ad ottenere una consistenza cremosa. Abbrustolite le fette di pane toscano e spalmateci sopra abbondantemente il paté di fegato preparato. Adagiate le foglie di bietola sul piatto di portata, conditele con olio e sale e su ciascuna sistemate il farro. Mettete sul piatto anche i crostini con il patè di fegato e le fette di finocchiona e servire in tavola con altro pane toscano a fette.
 Di Farro Del

Zuppa di farro del Druido

300 grammi di Farro della Garfagnana, 750 grammi di patate, 300 g di fagioli (preferibilmente cannellini), 3 foglie di bietola, una fettina di lardo, cipolla, carota, sedano, sale, olio di oliva.

Tritate il sedano, la carota e la cipolla e fateli soffriggere in una pentola in un cucchiaio di olio. Appena sono imbionditi aggiungete la fetta di lardo e fatela rosolare. Quindi versate nella pentola il farro, le patate sminuzzate, i fagioli ammollati precedentemente e continate a rosolare tutto assieme. Aggiungete acqua, salate e lasciate cuocere per circa 45 minuti. Mescolate spesso fino a cottura completata.
Quando portate in tavola condite con olio extravergine di oliva.

Minestra Di Farro E Lenticchie
150 grammi di farro, 300 grammi di lenticchie cotte, uno spicchio di aglio, prezzemolo, scalogno (o cipolla), carota, sedano, un dado vegetale, acqua, concentrato di pomodoro, olio extravergine di oliva.
Tritate, con mezzaluna e tagliere, fine fine lo scalogno (o la cipolla) e poi mettetelo a soffriggere lentamente con l’olio e uno spicchio di aglio in una pentola grande. Intanto preparate un trito con sedano, carota e iprezzemolo. Aggiungetelo allo scalogno e all’aglio e fatelo rosolare per un po’. Quando è rosolato al punto giusto aggiungete un po’ di brodo vegetale, precedentemente preparato con il dado, e fate insaporire un po’ a fiamma leggera. Nel frattempo prendete la metà delle lenticchie cotte e frullatele quindi versatele nella pentola continuando a mescolare. Quindi aggiungete l'altra metà di lenticchie intere e un po’ di ortolina in maniera da insaporire e dare un po’ di colore. Riempite di acqua o brodo vegetale la pentola fino al bordo. Mettete nella pentola anche il farro facnedo poi cuocere per 25/30 minuti aggiungendo, se serve, altro bordo vegetale.
Al momento di portare in tavola cospargere con un filo d’olio a crudo

IDROMELE  (divina pozione)
L’idromele semplice è la miscela di una piccola parte di miele con molta acqua.
L’idromele alcolico, fermentato con pochissimo calore e dalla lunga conservazione, è invece composto da miele e acqua con l’aggiunta di sostanze aromatiche. Il suo gusto è dolce ma non troppo e raggiunge il grado alcolico di 14-15 come un buon vinsanto. Pare sia la più antica fra le bevande fermentate conosciute. Probabilmente nacque per caso, quando qualcuno ne scoprì il buon sapore assaggiando il liquido fermentato ottenuto dall'acqua nella quale erano stati immersi dei favi per essere ripuliti. Gli antichi Egizi l'apprezzavano molto, e sembra che gli ellenici riferendosi all'
ambrosia, la bevanda degli dei, indicassero qualcosa simile all'idromele. La mistura veniva consumata in occasione di feste religiose o rituali e serviva a raggiungere l’ebbrezza necessaria ad innalzare l’animo verso l’assoluto. Anche i Romani lo tenevano in grande considerazione, tanto che il dodicesimo libro di Columella è in gran parte consacrato all’esposizione dei procedimenti che i latini facevano nel preparare questa divina pozione. Plinio diceva che la sua invenzione era attribuita a Aristeo di Cirene, figlio del sole. Discoride e Galeno la consideravano medicina miracolosa, e il viaggiatore arabo Ibn Battuta (XIV sec.) narra nel suo diario di viaggio che l’idromele associato a una dieta a base di pesce era in grado di generare un vigore maschile senza precedenti.

Idromele  ( filtro magico )
L'idromele é una bevanda alcolica ottenuta dalla fermentazione del miele con acqua. Le proporzioni, per l'idromele a base di acqua, sono circa 5 litri per ogni chilo di miele. La dose di miele può essere innalzata (1,5-3 kg) a seconda della gradazione alcolica o della dolcezza che si vuole ottenere. La fermentazione deve avvenire in locale non freddo, in un recipiente (anche di vetro), chiuso con un telo di cotone. Il fruttato della bevanda può essere variato aggiungendo aromi in immersione (cannella, chiodi di garofano). La fermentazione é piuttosto lenta (2/3mesi), richiede vari travasi per levare le impurità.
Libum (focaccia)   
Marco Porcio Catone (234-149 a.C.)La parola libum viene dal verbo latino libare, che significa fare una libagione, e questa preparazione era una focaccia che veniva offerta agli dei specialmente per gli anniversari. Catone scrive: "Farai così il libum.
Sciogli bene in un mortaio due libbre di formaggio.
Quando lo avrai reso del tutto liscio impasta bene...".
La ricetta che vi proponiamo, sia per la semplicità della sua preparazione, che per la presenza del nobile alloro, era ritenuta una delle preferite da Catone, il quale ne consigliava la cottura in un'unica pagnotta.
Oggi, è molto più pratico fare tante piccole focaccine.
Prendete della ricotta di pecora fresca, fatene una crema e aggiungetevi farina, uovo, sale e pepe.
Impastare il tutto e farne delle palline, che adagerete su foglie d’alloro da passare in forno affinché non saranno ben dorate.


 MIELE FRITTOTin (etrusco) = Giove (romano)
Sbattere in un recipiente latte cagliato, miele e sale, aggiungendo un po’ di farina di grano fino ad ottenere una specie di impasto.
Farne piccole porzioni e friggerle nello strutto.
Quando le frittelle saranno ben dorate in tutte le parti, si tolgano e si servano bollenti, addolcendole con altro miele.

Il castagno era già conosciuto ed apprezzato dai Greci per le sue numerose potenzialità: abbondante produzione di frutti molto nutrienti, utilizzo di legname, corteccia, foglie e fiori (farmacopea).
Gli ellenici ne svilupparono la coltivazione selezionando le varietà, per poi consumare le castagne nei modi più diversi (pane nero di Sparta, sfarinate e minestre).
Greci, Fenici ed Ebrei commerciavano questi frutti in tutto il bacino del Mediterraneo, la cui pianta era definita “albero del pane” da Senofonte (IV secolo a.C.).
Virgilio dava consigli sulla coltivazione del castagno, mentre Marziale indicava che nell’Impero Romano nessuna città poteva gareggiare con Napoli nell'arrostire questo frutto.
Plinio raccontava invece come con la farina di castagne si preparasse un pane particolare di cui si cibavano le donne durante le feste in onore di
Cerere, periodo in cui era loro vietato mangiare cereali.
I latini cocevano le castagne sulla fiamma diretta, sotto la cenere, nel latte, o come suggeriva
Apicio, al tegame con spezie, erbe aromatiche, aceto e miele.
Galeno e gli altri medici dell’epoca avvertivano però che le castagne, anche se cibo di gran nutrimento, generavano ventosità, gonfiore di ventre e mal di testa.
Durante il Medioevo furono soprattutto gli ordini
monastici a migliorare la coltivazione la conservazione e la trasformazione delle castagne.
Fu allora che si affermò il mestiere di “castagnatore”, svolto da contadini specializzati nella raccolta e lavorazione di questi prodotti del bosco.
Le castagne divennero così l’alimento principale delle genti di montagna, identificato come un cibo plebeo da evitare nei menu di corte.
Fu probabilmente per questi motivi se nel XllI sec. i
niziò a diffondersi il termine “marrone” per indicare le qualità eccellenti, più grosse e preziose, meglio adatte ad un consumo elitario.
Nel Medioevo a questo frutto venivano anche riconosciute proprietà afrodisiache, dettate soprattutto dalla sua forma di “testicolo”.
Il primo a notare la somiglianza fu Isidoro di Siviglia (VI sec.) che accostò il nome castagno a “castrare”, dicendo che quando si estraevano dal riccio i due frutti gemelli, era come se si facesse una castrazione.
Sulle qualità afrodisiache delle castagne si rintracciano anche testimonianze successive.
Un autore arabo tardo medioevale affermava: “le castagne sono calde in primo grado e
secche in secondo. Sono assai nutrienti e provocano il coito, ma gonfiano il ventre”.
Nel Cinquecento il Mattioli segnalava: “provocano il coito essendo molto ventose… nelle montagne ove si raccoglie poco grano, si seccano… e fassene farina la quale valentemente supplisce per farne pane”.
Nel Settecento illuminista il marrone riscosse grande favore presso le classi alte, e donare ad una signora grosse castagne confezionate in dolcetti glassati (
marrons glaces ) poteva alludere a maliziosi significati.
L'Italia conta la maggiore superficie di castagneti in Europa, con circa 800.000 ettari.
In passato era una risorsa importantissima in tutte le sue parti: il legno grosso serviva per mobili, attrezzi e materiale da costruzione; i rametti e i legnetti più sottili per il riscaldamento della casa, della stufa e del forno (la porchetta tradizionale, per esempio, "pretende" la frasca di castagno); le foglie erano usate per il composto da concime e per la lettiera degli animali; il fiore è tutt'ora importantissimo per le api, capaci di donarci un miele molto aromatico, amarognolo e, dicono, persino afrodisiaco; i frutti per i più svariati usi di cucina. Infine dal legno e dai ricci si ricava il tannino indispensabile per conciare le pelli.
L'albero del castagno, longevo come la quercia e l’olivo, ha un tronco che diviene quasi una casa con numerose gallerie interne.
Celebre è il castagno dell’Etna, detto dei "Cento Cavalli", perché si narra che diede riparo sotto la sua chioma, durante un forte temporale, alla carrozza della regina Giovanna d’Aragona con il suo seguito di cento cavalieri.
Oggi la circonferenza del tronco misura circa 22 metri, ed è alto 23 metri
Ancora nello scorso secolo la raccolta delle castagne avveniva con precisi rituali.
Alla fine di settembre, dopo avere ripulito il sottobosco, con lunghe pertiche si faceva la battitura dei primi marroni.
I frutti, ancora nel riccio, venivano ammucchiati nella "ricciaia" coperta di foglie ed erba, per completare la maturazione e nello stesso tempo uccidere le larve che avrebbero danneggiato il raccolto.
Lo stesso risultato si otteneva immergendo le castagne nell'acqua (cambiata una volta al giorno) per una settimana e poi asciugandole.
Nei castagneti c'erano poi delle piccole costruzioni in pietra: i seccatoi, indispensabili a sviluppare il processo di conservaravazione delle castagne.
Queste strutture erano suddivise su due piani da un solaio a graticcio, sopra venivano adagiate le castagne, sotto si accendeva un lento fuoco utile per essiccarle.

Frutto atipico, poiché ricco di carboidrati complessi come i cereali, la castagna è il frutto di un albero caratteristico dei boschi di mezza montagna.

Per secoli le castagne hanno rappresentato la principale fonte alimentare delle popolazioni montane durante l'autunno e l'inverno, dette per questo anche "pane dei poveri".

Frutto molto nutriente e ricco, è uno dei pochi che puo' essere ancora definito come "frutto naturale". Il suo riccio infatti la "protegge" dai trattamenti chimici rendendo così la sua produzione agricola una produzione biologica. In questa scheda potrai trovare tutto sulla castagna, dall'utilizzo alle varietà, dalle proprietà alle calorie, all'uso che ne si faceva nel passato e tanto altro.
La castagna, tonda da un lato e piatta dall'altro, ha una buccia resistente color marrone e la polpa chiara ricoperta da una pellicola rosso-bruna.
Le castagne possono essere utilizzate nella preparazione di varie pietanze, oppure possono essere consumate direttamente, sia bollite in acqua e sale (ballotte o ballucci), sia cotte in apposite padelle forate (dette caldarroste, meno digeribili a causa delle inevitabili imperfezioni della cottura).
Vengono anche utilizzate per la preparazione di dolci, e confetture.
La crema di castagne è un prodotto molto dolce, può essere consumata da sola insieme alla ricotta o allo yogurt, oppure per preparare dolci al cucchiaio, o come ripieno per le crepes.
Dalle castagne essicate si ricava la farina con cui poi si prepara il castagnaccio, le frittelle di castagne,
crepes, mousse, polenta.
La farina di castagne un tempo, si conservava in scrigni di legno che la proteggevano dall’aria e dalla luce, e serviva per fare la polenta, il castagnaccio (con pinoli, uvetta, scorza di arancio) e le frittelle che si mangiavano con la ricotta a colazione durante l’inverno per dare energia a chi lavorava fuori al freddo.  
Uso cosmetico: l'acqua in cui sono state cotte le castagne puo' essere usata come maschera dopo lo shampoo per esaltare i riflessi dei capelli biondi e come emolliente.
Curativo: l'infuso e il decotto sono indicati per affezioni bronchiali e diarrea. L'infuso delle foglie di castagno e' ottimale per i gargarismi in caso di infiammazioni della bocca e della gola.
Le castagne sono usate anche nell'allevamento degli animali: la carne di maiali e galline acquista un sapore migliore e una maggiore consistenza, quando nell'alimentazione entrano castagne e cascami di sfarinatura.
Rispetto alla frutta fresca, l'apporto calorico delle castagne fresche è superiore.
Per 100 gr. di castagne fresche (parte
edibile 69 gr.): Calorie da proteine 7%, Calorie da carboidrati 84%, Calorie da grassi 9%.
Meglio evitare di sommare le castagne al pane e alla pasta se non si vuole assumere una quantità di calorie molto alta.
La quantità d'acqua nel prodotto fresco si aggira intorno al 50 % e sono altamente energetiche.
Le castagne contengono anche proteine vegetali, sali minerali, vitamine idrosolubili, potassio, di fosforo, zolfo, magnesio, cloro, calcio, ferro e sodio.
Tra le vitamine sono presenti la B1, B2, C e PP. Lacomposizione della castagna è simile a quella del grano; tuttavia il suo valore nutritivo è inferiore a quello della farina di grano.
Lacastagna e' molto digeribile e i suoi zuccheri sono facilmente assimilabili.
Sono indicate per anemia, stanchezza psicofisica, inappetenza, magrezza.
Essendo ricche di fibre sono utili per la funzionalità intestinale
Le castagne possono essere messe a bagno in acqua per qualche giorno, poi asciugate    si possono conservare in questo stato, in luogo fresco e asciutto, anche per un paio di mesi.
Le castagne possono essere congelate crude e poi scongelate e cotte immediatamente.
Farina: può essere conservata a lungo e si trova tutto l'anno.
Una volta aperta la confezione, meglio conservarla in luogo fresco e asciutto e  consumarla quanto prima per evitare le larve.
Marmellata o crema di castagne è una marmellata preparata con la purea di castagne.
E' un prodotto velocemente deperibile, per conservarsi bene necessita di una elevata peercentuale di zuccheri (60%).
Castagne secche:
ne esistono 2 tipi: morbide, adatte per un consumo immediato ma più deperibili, e quelle dure, che vanno messe in ammollo per qualche decina di minuti prima di essere consumate.
Surgelazione:
  è il metodo di conservazione più semplice e consente di consumare le castagne fino al successivo raccolto, quindi per un anno.Se crude, possono essere surgelate solo se fresche e sane e dopo essere state lavate, asciugate e incise. Mentre le caldarroste sgusciate si conservanoo surgelate anche 6 mesi. Prima di consumarle è bene farle scongelare lentamente e poi si possono mangiare fredde o leggermente scaldate al forno.
Frigorifero:
  In frigorifero a +2 o +3° C si conservano un mese e mezzo circa.
Tale metodo consente di prolungare il periodo di consumo del frutto per 2 o 3 mesi.
Dopo una bella castagnata, raccolti i frutti freschi, si mettono in un recipiente e li si

ricopre interamente d'acqua per eliminare quelli che galleggiano in quanto "malati".
Ogni 24 ore si sostituisce una metà dell'acqua di conservazione, tranne che nel quinto e nell'ottavo giorno, quando l'acqua va sostituita interamente. Il nono giorno si tolgono le castagne dall'acqua, si fanno asciugare e poi le si conserva in cassette o in contenitori non troppo alti (15-20 cm) in ambiente arieggiato, rivoltandole spesso perché non ammuffiscano.
Virgilio nelle "Georgiche" suggerisce d'innestare il castagno sul faggio, mentre nelle Egloghe ricorda le castagne cucinate con il latte e mangiate con il formaggio.
Lo storico greco Senofonte, vissuto tra il 430 e il 355 a.C., definiva il castagno come l'albero del pane. Per millenni questo frutto ha assunto il ruolo di cibo provvidenziale, al posto del pane e della carne. Il primo forte impulso alla coltivazione vera e propria si ebbe nel medioevo, grazie alla contessa Matilde di Canossa. Nel 1700, sulle tavole dei nobili e poi a Capodanno come segno di buon auspicio, arrivano i Marron glacè. A Parigi, sempre intorno al '700, il farmacista Bonneau produceva una cioccolata composta per metà da cacao e per metà di farina torrefatta di castagne secche.
I nobili conservavano per tutto l'anno le castagne dopo averle bollite nel vino bianco. Nella cucina contemporanea le castagne si rivelano ottime sia bollite che arrostite, offrendo se essiccate e macinate una farina utile per mille ricette.



Mondine  (Castagne arrostite) 
I più, abrustolendole le arrostivano in una padella pertugiata sopra la vampa del foco.
Altri le privavano della buccia, mettendole sotto le calde ceneri con sale e pepe.
Ma tutti i golosi le accompagnavano con miele".


2 commenti:

  1. per caso sono arrivata in questo sito: faccio ricerche sui cibi, sulla loro storia e al momento mi sto interessando di spongata, un dolce tipico del luogo in cui vivo, Brescello in provincia di Reggio emilia

    RispondiElimina