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giovedì 7 aprile 2011

Ricette 8

Agnello di selva
Luigi XIV, Re Sole (1638–1715)Ingredienti  Coscia d’agnello – pancetta – cipolla – aglio – salvia – rosmarino – peperoncino – vino bianco – olio d’oliva – uvetta ammollata – pinoli – sale – pepe Ridurre a tocchetti la polpa d'agnello e sistemarla in una teglia. Coprire la carne con fette di pancetta, un trito di cipolla, aglio, salvia, rosmarino, e irrorare la preparazione con vino e olio d'oliva.
Far riposare la pietanza per diverse ore in luogo fresco, quindi salare, pepare e mescolare prima di mettere sul fuoco a fiamma dolce.
Durante la cottura spolverizzare con peperoncino piccante, e portare a termine la preparazione, a fuoco dolce, mescolando di tanto in tanto.
Prima di servire l’agnello, aggiungervi uvetta e pinoli a piacere
.

Selvaggina al pepe di Carlo V
Per preparare una squisita selvaggina al pepe come piaceva all'Imperatore, si dovrà tagliare le carni scelte a pezzi, lasciandole marinare nel vino rosso per un paio di giorni.
Poi filtrare la marinata, portarla a bollore e cuocervi le carni precedentemente salate. Indorare nello strutto del pane tagliato a dadini, per poi pestarlo in un mortaio con acini d’uva e aceto.
Al composto ottenuto, aggiungere brodo di carne, la marinata che avrete conservato in precedenza, e far cuocere a fuoco moderato affinché la salsa non si sia ben ristretta, avendo cura di mescolare spesso. Filtrare, insaporire con sale, pepe, cannella e chiodi di garofano in polvere, amalgamando a fuoco vivace.
Prima di servire, sgocciolare bene la carne dal fondo di cottura e versarvi sopra la salsa.

Fagiano alla Alessandro VI
Si riempie il ventre dell’animale con rosmarino, salvia, cipolla tritata, lardo di maiale, sale, chiodi di garofano, ed un limone.
Si cuoce in forno e si irrora di tanto in tanto con del vino.
Si serve in tavola intero, per dare la possibilità ai commensali di strapparne le ali, le cosce, e quant’altro è possibile, per poi iniziare a tagliarlo con il coltello.


Cappone dell’EremitaGiovanni Boccaccio

Cappone – cipolle – chiodi di garofano – sedano – carote - sale
Mettete il cappone in una pentola e ricopritelo con abbondante acqua fredda e salata. Portate il liquido a lenta ebollizione a fuoco moderato e schiumate con cura il brodo. Aggiungete cipolle steccate con chiodi di garofano, costole di sedano e carote.
Dopo una lunga cottura il cappone sarà pronto per essere presentato in tavola, ben scolato dal brodo e circondato dalle verdure lessate.
                          
                   TRASSILICO

Risalendo da Gallicano sulla sinistra del fiume Turrite per la nuova strada ruotabile, e ripassando poi sulla destra, mediante un ponte, per una rapidissima via mulattiera si ascende a Trassilico, capoluogo del Comune omonimo, che si compone delle Fabbriche, di Gragliana, di Valico di Sopra e Valico di Sotto.
La sua popolazione è di 2269 anime, partite in 512 famiglie, che possiedono 644 case comprese quelle rurali.
Il suo territorio giace alla destra del Serchio, ed è posto fra la Turrite di Pietrosciana o di Forno Volasco e la Turritecava.
Confina a levante colla Comunità di Gallicano, da cui lo divide il torrente Ruffa, che scende dalla cresta del Faeto, bosco appartenente per una parte al Comune di Trassilico, e per l'altra alla sezione di Verni; a ponente con quelle di Serravezza e Stazzema nella Versilia; a settentrione con Vergemoli, mediante i due torrenti denominati di Panicaglia e Camperano; ed a mezzogiorno col Comune lucchese di Pescaglia, per mezzo della Turrite, detta di Gragnana, e delle Fabbriche, che più in basso prende nome di Turritecava. Non è meraviglia se, giacendo il Comune di Trassilico in mezzo a tanti corsi di acqua, si sono moltiplicati i molini fino al N. di 19; un molino cioè ogni 119 abitanti. Quantunque i suoi terreni diano li stessi raccolti che si hanno nel resto della Garfagnana, tutta volta il maggior prodotto viene offerto dalle selve, che grandi e belle coprono i suoi colli ed i suoi monti.
Nel secolo XIII aveva signoria e possessi nella Comunità di Trassilico la
nobile e potente famiglia de' Porcaresi; alla quale la Repubblica di Lucca smantellò i castelli di Porcari, di Gragnano e di S. Gennaro.
L'Imperatore Ottone IV poi nel 1209 la pose al bando; e, sotto pena di mille marche d'argento, proibì agli abitanti della Versilia e della Garfagnana di prestare ad essa vassallaggio di sorta.
Nel 1274 la perseguitata famiglia vendè al Comune di Trassilico tutti i diritti e le possessioni che aveva in quel luogo.
Il contratto venne rogato a Lucca, nella chiesa di S. Piercigoli, il 18 di settembre.
Guido Belletti, sindaco e procuratore di Trassilico, sborsò il prezzo, che fu convenuto in 2100 lire lucchesi, che ricevettero, per conto ed a nome dell'intera casata, Paganello di Ugolino, Armanno e Aldobrandino di Orlandino, procuratori di essa.

Pollo all’uva dell’Armata Brancaleone
L'Armata Brancaleone (1966Fiammeggiare un pollo e lavarlo bene, nel frattempo schiacciare dell’uva e ricavarne una spremuta (avendo cura di eliminare le bucce e i semi), dove adagerete il pollo a marinare per almeno un’ora. Quindi scolarlo e rosolarlo in un fondo d’olio d’oliva, senza buttare il liquido in cui è stato marinato.
Quando la carne avrà preso il classico colore brunito, salare e
bagnare con la spremuta, aggiungendo durante la cottura qualche acino d’uva sgranato, e se occorre un filo d’olio
.

 
Pasticcio di Teodorico
Questo piatto vanta una tradizione antichissima che si perde nelle pieghe della storia fino a divenire quasi una leggenda.
Pare infatti, che la nascita di questa ricetta sia da attribuire a Teodorico re degli Ostrogoti,.
Teodorico vinse una sanguinosissima battaglia contro Odoacre, e per festeggiare avrebbe autorizzò la popolazione ad utilizzare la carne dei cavalli rimasti sul campo di battaglia.
Scamone (carne di cavallo) – vino rosso – cipolle – sedano – carote – burro/olio – lardo – chiodi di garofano – farina – alloro – dragoncello secco – sale e pepe
Preparazione
Macerare un taglio di carne di cavallo in vino rosso per almeno due giorni.
In una casseruola di terracotta fare un soffritto con cipolle, sedano e carote.
Scolare la carne dalla marinata, pillottarla con lardo e chiodi di garofano; infarinarla ed adagiarla nel soffritto, salare e pepare.
Cuocere a fuoco medio per un’ora, rigirando ogni tanto la carne.
Poi aggiungere il vino della marinata, foglie di alloro, un pizzico di dragoncello, pepare e continuare la cottura per altre tre ore, muovendo ogni tanto.
Affettare la carne e servirla coperta del fondo di cottura setacciato
.
Gnocco fritto Garfagnino
Impastare la farina con strutto, lievito di birra sciolto in acqua tiepida, e un pizzichino di sale.
Lavorare il composto fino ad ottenere una pasta omogenea ed elastica.
Farla riposare in luogo fresco ed asciutto per circa un'ora, quindi stenderla con il mattarello e ricavarne dei rombi regolari.
Friggerli in abbondante strutto (o olio bollente) e scolarli su carta assorbente.
In epoca contemporanea gli gnocchi ben caldi vengono spesso gustati accompagnati da salumi, formaggi o cioccolata.

Biancomangiare selva del Faeto
Petto di pollo – riso – latte – zucchero – lardo
Prendi dei petti di pollo cotti e fanne delle strisce il più sottili possibili. Lava, poi, del riso, asciugalo e fanne della farina.
Passa questa farina al setaccio e diluiscila con del latte di capre, di pecora o di mandorla. Metti a bollire in una pentola bel lavata e ben pulita: e quando comincerà a bollire aggiungi i petti a striscioline con zucchero bianco e lardo. Attenzione al fumo e fa bollire a fuoco lento; questo piatto deve essere denso come riso. Al momento di servire, cospargi di zucchero in polvere e di lardo fritto.
Il segreto è la temperatura dei grassi nella padella, appena saranno caldi, vi getteremo i nostri ritagli di pasta fino alla doratura.
Cuocere uno o due minuti per parte e stenderli su un vassoio con la carta paglia.
                           CASTELLO DI TRASSILICO
Questo castello, alto sul livello del mare metri 661, risiede sul vertice di un monte, alle spalle australi dell'Alpe Apuana, detta la Petrosciana, alla sinistra della strada mulattiera, che, partendo da Castelnuovo, e traversando Vergemoli e Fornovolasco, lungo la Turrite, varca la foce di quell'Alpe, e scende a Stazzema ed a Serravezza nella Versilia. E' composto di 133 case unite e 31 sparse, con 131 famiglie formanti 626 anime. Nel secolo XVII aveva 1225 abitanti.
Trovasi distante da Gallicano, suo capoluogo di Mandamento, chilometri 4.500, e 16 da Castelnuovo.E' rammentato in due carte lucchesi de' secoli VIII e X. Fino dal 1308 era unito alla Vicaria di Barga colle terre di Valico di Sopra, Valico di Sotto e le Fabbriche. Appartenne ai Lucchesi fino al 1430; nel qual'anno si dette spontaneamente agli Estensi, ai quali restò confermato dalla sentenza del Pontefice Niccolò V del 28 agosto 1451. Borso d'Este lo fece capoluogo d'una Podesteria, alla quale, oltre Trassilico, appartenevano Cascio, Molazzana, Brucciano, Calomini, Vergemoli, Fornovolasco, Gragliana e le Fabbriche. La detta Podesteria godeva moltissimi privilegi, che vennero conservati da' successori di Borso, specialmente quello di poter provvedere cereali dall'estero, senza obbligo di chiederne licenza al Governatore, o ad altro officiale della Provincia. Il Podestà risiedeva nella Ròcca, posta sopra un dirupo che la rendeva inaccessibile da più parti, e con lui vi avevano stanza un Notaio e sei sbirri.
Nel 1789 trasferì la sua residenza nell'interno del paese; e la rócca, al tempo della dominazione de' Francesi, fu venduta.La chiesa parrocchiale, sotto il titolo di S. Pietro, è assai discosta dal paese. Era filiale della Pieve di Gallicano, quando Trassilico faceva parte della Diocesi di Lucca; nel qual tempo il Parroco aveva il titolo di Priore e la presidenza della Classe, che abbracciava le terre di Gragliana, Fornovolasco e S. Pellegrinetto. Perdette però il paese questi onori nel 1822, allorché fu unito alla nuova Diocesi di Massa, e solo dette il nome al Vicariato Foraneo, il cui titolare ora risiede a Vergemoli. Nella chiesa in discorso trovasi una pregevole tavola, dipinta nel 1568 da Simone Careta, cittadino modenese, che rappresenta la Vergine col Bambino, assisa in trono elevato sopra alcuni gradini, in uno de' quali sta seduto un angioletto in azione di suonare il liuto; ai fianchi vi hanno le figure di S. Pietro e di S. Paolo in piedi.






Sul frontone è una tavoletta semicircolare con entro l'Eterno Padre in gloria di angioli; e all'imbasamento veggonsi le figurine graziosissime di Cristo cogli Apostoli, e ai lati di esso imbasamento la Vergine orante e l'Angiolo annunziatore. « Tutti i quali dipinti si
ravvisano ben appartenere ad una medesima mano, e v'ha in essi castigato disegno, verità di colorito e felice arieggiare delle teste.
alcuni tratti potrebbe sospettarsi che il Careta o Carretti si attenesse all'istessa scuola del nostro Meloncino. Tutto il lignamo, ossia l'incassamento, è a vaghi intagli, che ottimamente rendono lo stile di quel secolo, e ne è autore un Maestro Giovanni da Stazzema. Oltre la chiesa di S. Pietro, Trassilico nel suo intemo possiede un oratorio dedicato a S. Rocco, ove si fanno quasi tutte le funzioni ordinarie, tranne quelle delle maggiori solennità.In questa montuosa Terra ebbero i natali parecchi uomini di bella fama. De' tre più insigni, il naturalista Antonio Vallisnieri, il fisico Leopoldo Nobili ed il gentile poeta Giovanni Pierelli, volle il Municipio onorar la memoria con un'iscrizione, che venne posta nel 1875 sulla facciata dell'anzidetto oratorio di S. Rocco.
Fulvio Testi, quando fu Governatore della Garfagnana, ebbe a recarsi a Trassilico, e ne lasciò una descrizione nella seguente lettera, indirizzata a Giovambattista Leni: « Io mi trattengo tuttavia qui a Trassilico, aggiustando gl'interessi avviluppatissimi di questa povera Comunità. Spero però di sbrigarmene fra otto o dieci giorni ed essere di ritorno a Castelnuovo a mezza Quaresima, poco prima o poco dopo.
Abbiamo avuti tempi del grandissimo diavolo, essendo questo luogo assai alto, e poco poco sotto all'eminentissimo giogo della Pania. I venti particolarmente sono stati orribili, sì che facevano tremare la Rócca, le cui muraglie sono grosse 6 braccia, e queste non sono favole. Adesso nevica tuttavia, ed in una foggia che non se n'usa in codeste parti di Lombardia.
Nel resto, quando è buon tempo, l'aria è soavissima, il paese bellissimo, e la gente di buonissime viscere. Montanarette che non mangiano mai, se non pane di castagne, nè bevono in tutto l'anno che acqua, ma bianche e rosse più che qualsiasi cittadina ben bella di coteste parti. Ballano in eccellenza, quando però è tempo, perché adesso è Quaresima, stanno in devozione. In somma, anche di questa stagione così aspra ed orrida, noi stiamo allegri. Le provvigioni ci vengono da Lucca, che non è più discosta di 14 miglia.
Mangiamo dei pesci di mare. Abbiamo de' lucci grandi come asini, e beviamo del vino rosso così piccante che taglia la lingua.
Nel resta tutta la vita si di giorno come di notte consiste in far conti, e in raddrizzar le gambe agli storpiati ».



 Curiose, ma però non interamente esatte, ci sembrano le notizie che di Trassilico lasciò scritte il Vallisnieri.
Ecco le sue parole: « Gli abitanti sono feroci, ma d'ingegno acutissimo, e bevono sempre acqua, e si cibano di sole castagne, latticini, e di carne, perché la inclemenza del cielo non lascia vegetare colassù le viti, e non permette la coltivazione del grano e delle altre biade.
Nonostante la sua povertà, vive codesto popolo sempre allegro, e passa gran parte dell'anno in mezzo ai canti, ai suoni e alle danze, rendendo per tal modo ameno quel soggiorno aspro e selvaggio.
Si direbbe che gli antichi pastori di Arcadia avessero posto quivi lor sede, o immigrata vi fosse una delle più allegre colonie.
Le donne ordinariamente sono bellissime, di un color bianco e rosso, che le distingue da tutte le altre garfagnine.
Eppure la loro bevanda è l'acqua, e il loro cibo è ordinarissimo ».
Non deve recar meraviglia l'epiteto di
feroci attribuito a quei terrazzani.
Gli abitanti della nostra Provincia erano, anche ai suoi tempi, assai rozzi e selvaggi, lontani, per manco d'istruzione e di educazione, da quella mitezza di sentimenti e ragionevolezza di opere, che formano il vanto della civiltà.
Oggi certamente, coi costumi tanto ingentiliti, non possiamo leggere senza qualche disdegno le satire dell'Ariosto, che si trista pittura faceva dei Garfagnini del secolo XVI.
Pure frammisto alle iperboli suggerite al Poeta dalla carica poco gradita di Commissario, in una Provincia alpestre, come la nostra, e separata da ogni civile consorzio, troviamo un fondo di verità negli amari suoi versi.
Correvano allora tempi tristissimi per la Garfagnana; e però si deve perdonar molto al Vallisnieri, che non fu troppo lontano da messer Lodovico. D'altra parte abbiamo da' documenti governativi, che, anche nella Vicaria di Trassilico, avvenivano frequenti e gravi disordini.
Quanto poi alle notizie che si riferiscono alla coltivazione, è facile persuadersi che a quell'epoca non fosse ancora al punto in cui oggi si trova; e forse se ne doveva la colpa alla incuria di quei coloni.


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