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giovedì 7 aprile 2011


Bolognana ( Borella) anno domini 2010
 Nello scrivere queste pagine spero di contribuire a far conoscere ancora meglio la cultura e un po’ di storia della nostra magnifica valle.
Insieme alle belle cose che la Garfagnana ci regala in ogni momento del giorno, ho cercato di far comprendere quello che già i nostri avi conoscevano, amavano e con il loro modo di essere e di fare  miglioravano stagione dopo stagione per poterlo consegnare a noi.
La storia del territorio un po’ tutti la conoscono, ma le prelibatezze del palato, la pietanza frugale, gustosa, fatta con poco, solo le nostre nonne la sapevano fare, perché amalgamata agli ingredienti c’era la passione, il dolore, la miseria e il bisogno.
Queste piccole e semplici ricette che sotto riporto, di una cucina remota, le ho trovate in alcuni libri un po’ sgualciti e senza nome e copertina, curiosando in un vecchio “banco”della casa di Bolognana, fra i vecchi ricordi di mia nonna sono balsati alla luce un mucchio incredibile di carte ingiallite dove con pazienza e bramosia ho potuto leggere le ricette di una volta che con dovizia trascriveva con la matita.
Mi sono ritornati alla mente lontani ricordi,   quello che mia nonna Zeffira cucinava nei giorni delle feste, le cose semplici e quotidiane, quello che conservava per 100l’inverno nella dispensa nel “cigliere” Salami, Biroldi, Rigatino, Mondiola,  file di salsicce un po’ ammuffite, picce di pomodori, graticci colmi di patate e di mele, e i contenitori in pietra per salare il lardo e la coppa, nella formaggiera fatta di rete fitta non poteva mancare la forma del formaggio.
Adesso tutto questo l’ho voluto condividere con chi ama la tradizione, le cose semplici e il buon mangiare con la voglia di farlo.
Pari pari ho riportato quello che lei scriveva, con solo poche aggiunte che nel leggere non ho compreso.
Ricette nella storia della
                                                  Garfagnana
La Garfagnana e la Via del Volto Santo sul tracciato della Francigena
In Garfagnana per tutto il Medioevo furono molte le “celle” e gli “ospedaletti” che davano assistenza, conforto e ospitalità ai tanti viandanti e pellegrini.
Nei pressi dei guadi del fiume, sui valichi, furono erette torri con stanze che accoglievano i viaggiatori spesso paganti il pedaggio per usufruire di guide e per diritti di passaggio.
Scendendo dall’alta Garfagnana, San Michele, con il suo ponte rappresentava un passaggio obbligato permettendo di superare il fiume dell'Acqua Bianca.
L’antichissimo ponte di pietra, ad un solo arco, fu costruito dai Nobili Spinetta feudatarii di quel castello.
San Michele fin dal 700  apparteneva alla Mensa Vescovile di Lucca e fu poi feudo dei Conti omonimi destituiti solo nel 1300 con l’arrivo del Castracani.
Dagli archivi risultano documenti dell’ampliamento del borgo nell’833.
Sulla strada incontriamo anche San Donnino dedicato ad uno dei santi protettori dei pellegrini e dei viantanti.
Lasciando la zona di Sala e Piazza al Serchio troviamo, proprio al centro delle valle, la magnifica  Sambuca, sperone di roccia sul quale rimangono i resti di una antica rocca e la chiesa di San Pantaleone, eretta e riconosciuta con bolla papale da Alessandro III il 23 dicembre 1168.
In questo luogo sorgeva fino ad un tremendo terremoto un monastero di suore, testimonianza diretta di luogo di sosta.
Poco sotto fin dall’antichità esisteva un grande ponte a tre arcate che superava il Serchio usando un altro sperone nell’alveo del fiume.
Si tratta del paese di Pontecosi già citato in un documento dell'Archivio Arcivescovile di Lucca con data del 29 aprile 954.
Oggi su quello sperone si erge la chiesa, ma tutto intorno era fortificato con una rocca. Pontecosi era legato al feudo di San Michele
La chiesa è dedicata a S. Magno; ma anticamente aveva il titolo di Santa Felicita.
Di fatti nella Bolla di Alessandro III si nomina la chiesa di Santa Felicita de Pontignosi; e nel 1285 si dava dispensa a Don Jacopo da Reggio di poter ottenere la chiesa di Santa Felicita di Pontecosi.
Oltre su quello che oggi è un lago troviamo, alla confluenza tra il Serchio e il Corfino, il ponte a gobba e la chiesetta della Madonna.  
Sulla sponda opposta troviamo Camporgiano che ha una chiesa dedicata a San Jacopo  che in antichità aveva un oratorio detto Spedale unito a quello di San Pellegrino.
Due santi legati al mondo del pellegrinaggio di Santiago e dei palmieri diretti a Gerusalemme e i romei.
Un passo ancora ed ecco Castelnuovo di Garfagnana.
Sicuramente il nucleo più antico di Castelnuovo deve le sue origini alla presenza di un guado o di un piccole ponte.
E poco oltre una “cella”, ovvero una struttura a torre dove trovar riparo e conforto.

                     Le Ricette di una volta

Zuppa - Fave di Afrodite o Venere      
200 gr fave fresche sgranate - 100 gr guanciale maiale - 50 gr olio d’oliva – 1 cipolla piccola – sale - pepe
Preparazione
Tritare la cipolla e farla soffriggere nell’olio.
Unire il guanciale tagliato a strisce e farlo rosolare; aggiungere le fave, sale, pepe, e immettere un po’ d’acqua.
Cuocere per circa 40 minuti, poi servire la pietanza ben calda.

 

Gran bollito misto di Alboino
Spalla di manzo, gallina, punta di petto/testina/lingua di vitello, parti meno nobili del maiale tritate, precotte e stagionate (cotechino), cipolle, carote, gambi si sedano, sale grosso.
Mettere sul fuoco uno pentola molto capace con le verdure e abbondante acqua leggermente salata; quando alzerà il bollore unire la carne di manzo e abbassare la fiamma perché la cottura sia dolce.
Schiumare il brodo di tanto in tanto, dopo un’ora circa unire la punta di petto di vitello e la gallina, aggiungere poi la testina, la lingua di vitello e lasciare cuocere per altre due ore.
Intanto prendere un’altra pentola e in acqua fredda cuocere il cotechino del quale sarà stata bucherellata la pelle (necessaria circa un’ora di ebollizione).
Portare in tavola i pezzi di carne immersi in poco brodo caldissimo, accompagnati con verdure lesse ed una salsa a piacere.
Zuppa di ceci de Gregorio Magno

Ceci – pepe – zafferano – rosmarino – salvia – lardo – pane raffermo – sale
Mettere in ammollo dei ceci.
Cuocerli in abbondante acqua salata con pepe, zafferano, rosmarino e salvia.
Quando il legume sarà pronto, scolarlo e passarne una parte nel mortaio con del brodo di cottura, affinché il tutto risulti ben liquido.
In una tegame di terracotta soffriggere del lardo, aggiungervi i ceci interi, la purea e il liquido di cottura.
Fare insaporire la zuppa e servirla ben balda, accompagnata da pane abbrustolito a parte.

Tagliatelle di Lucrezia Borgia
Lucrezia BorgiaPreparare delle tagliatelle con uova e farina.
Fare un trito di cipolla, sedano, carota e rosolare bene
Aggiungervi pancetta, manzo e maiale macinati, da sfumare con vino bianco.
Una volta evaporato, sfumare ancora con vino rosso.
Infine, aggiungere del brodo, sale pepe e lasciar cuocere dolcemente per ottenere la giusta consistenza.
Condire con la salsa le tagliatelle cotte in abbondante acqua salata.

Tortellini di Paolo II
Preparare un impasto con farina, uova e un pizzico di sale, affinché risulti morbido, e lasciarlo riposare coperto daun canovaccio.
Tagliare a pezzetti dei fegatini di pollo cotti brevemente nel burro, e farne un ripieno aggiungendo funghi con polpa di pollo lessata nel brodo e spezzettata, Unire al trito: sale, pepe e noce moscata.
Tirare la sfoglia molto sottile e tagliarla a quadrati di due dita. Mettere su ciascun quadretto di pasta una nocciola di ripieno, ripiegare a triangolo, premere lungo i lati, poi piegare i vertici del triangolo e congiungerli avvolgendo il tortellino in preparazione intorno al dito indice. A mano a mano che ogni
ombelico di venere verra fatto, disporlo su una tovaglia infarinata.
Lessare i tortellini in brodo di manzo e servirli come minestra.

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