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giovedì 7 aprile 2011

Ricette 11

Torta Di Neccio
Ingredienti: 500 gr di farina di castagne, noce a pezzetti, rosmarino, 40 gr. pinoli, scorza di arancia grattugiata, sale e olio extra-vergine di oliva. Mescolare la farina in un recipiente con acqua e amalgamare bene l'impasto, aggiungendo i pinoli, il rosmarino tritato e la scorza di arancio grattugiata. Versare il tutto in una teglia ben unta cospargendo c on un pizzico di rosmarino la superficie.  Cuocere in forno a 180°/200° per circa un'ora.

La focaccia di castagne di Romolo  Augusto
Moneta - Romolo Augustolo (ca.459 d.C.- ?)Sedicenne, Romulus Augustulus ultimo imperatore romano d'Occidente, fu posto sul trono dal padre Oreste, patrizio e capo dell’esercito. “Regnò” per soli due anni, a causa del rifiuto da parte del genitore, di concedere un terzo delle terre italiane alle milizie barbare.  Le legioni di Romolo Augustolo furono sconfitte da Odoacre, e lui deposto ed esiliato a Napoli. Proprio durante il suo trasferimento verso la Campania, leggenda narra, che sia stato ripetutamente “consolato” dal suo precettore, con una focaccia di castagne.
Sbucciare delle castagne e arrostirle in una padella appropriata.
Poi pestarle con un mortaio, riducendole quasi in una grossolana farina.
Scaldare del vino rosso dolce e amalgamarlo bene con il composto di castagne. Mettere il tutto in una padella unta, e passare sul fuoco, avendo cura di rigirare
a metà cottura.
Servire la focaccia dell’imperatore calda, accompagnata con del vino dolce.

Minestra di castagne
Dette in antico “Noci di Giove”, le castagne insieme alle ghiande costituirono l’alimentazione base dei primi etruschi.
Essi vedevano nelle castagne, a volta riunite in gruppi di due o tre nel riccio che le conteneva, una simbologia di coesione familiare.

Prendere castagne fresche sbucciate e cuocerle in abbondante acqua con sale e finocchio selvatico.
Dopo la bollitura prolungata, si tolga la seconda pellicina e si pestino bene nel mortaio.
Si rimetta la purea di castagne in un brodo di carne, aggiungendo ancora finocchio e portare il tutto ad ebollizione.
Versare il composto ottenuto sopra a fette di pane arrostito, salando a dovere.
Galle di Ciacco

Dolcetti di castagne e miele
D’ogni parte di mandorle vi vuole miele parte due e ogni parte de miele vi vuole d’uovo chiare quattro e farina di castagne.
Tostare le mandorle e macinarle. Impastarle con miele e con rosso d’uovo fino ad ottenere una pasta.
Con le chiare montate e la farina di castagne si faccia una pastella.
Fatte palle di amandole e mele si fanno rotolare sulla pastella di farina e chiare.
Si asciuga poi lo tutto al sole prima di passare in forno.

Castagne della passione
Mettere le castagne private della scorza e della pelle a macerare in vino moscato per qualche ora.
Lessarle nello stesso liquido di macerazione, coperte, sino a cottura ultimata.
Prima di servire le castagne guarnirle con qualche pistacchio, cannella e miele.
Necci della Garfagnana
Mettete in un tegame della farina dolce di castagne e un pizzico di sale.
Versateci dell’acqua fredda e fate una pastella liscia e piuttosto densa.
Nel frattempo mettete sul fuoco due testi rotondi d’arenaria del diametro di un palmo di mano. Quando saranno roventi adagiate su uno di essi una foglia di castagno, versateci un mestolino di pastella, ricopritela con un’altra foglia e il secondo testo bollente.
Lasciate intiepidire e togliete il neccio quando la pastella diverrà consistente.
necci si gustano arrotolati al naturale o farciti con ricotta e un filo di miele.

 
Il castagnaccio
Il castagnaccio, almeno nel linguaggio moderno, è una torta di farina di castagne, più o meno insaporita a seconda degli usi locali. Si può mangiare caldo o freddo, da solo oppure con ricotta o formaggi dolci.
Si noti che esso, nato per una cucina povera in tempi in cui pochi potevano contare le portate, non è un dolce, ma un piatto unico.
La ricetta base e più semplice ed antica per ottenere una teglia di castagnaccio di 30x30 cm (36 cm di diametro per una teglia tonda) è la seguente: prendere 1 kg di farina e aggiungere a poco a poco acqua (circa un litro e mezzo) fino ad ottenere una pastella non troppo densa che ancora riesca a colare e ad autolivellarsi. Aggiungere un mezzo cucchiaino di sale, mescolare bene e versare nella teglia preventivamente unta con un po' d'olio e rivestita di pangrattato.
Ai nostri tempi si può usare una teglia antiaderente o una teglia rivestita di carta da forno.
Lo spessore della pastella non dovrà superare i 2 cm.
Spargere sulla pastella circa due etti di noci a pezzetti e di pignoli (che in gran parte affonderanno), una cucchiaiata di aghi di rosmarino, un filo di olio e poi mettere al forno a circa 200 gradi per 30-60 minuti; il tempo di cottura varia con la densità della pastella e con il suo spessore.
Sarà pronto quando avrà assunto un bel colore marrone scuro e l'impasto, provato con uno stuzzicadenti, risulterà asciutto.
La superficie sarà tutta screpolata.
Questa ricetta base è andata col tempo arricchendosi (e alterandosi) con le seguenti aggiunte:
due cucchiai di olio di oliva nella pastella
200 grammi di uva passa ammollata in acqua tiepida o nel Vin Santo
o nel Moscato;
metà delle noci e dei pignoli tritati grossolanamente e mescolati alla pastella; solo pinoli e niente noci;
scorza di mezzo arancio o di mezzo limone grattugiata;
un cucchiaio di semi di finocchio al posto del rosmarino;
strutto invece di olio;
200 grammi di zucchero e latte invece di acqua, se si vuol avere un dolce vero e proprio.
Come si vede vi è ampio spazio per sperimentare e per trovare ciò che più si confà al proprio gusto, ma il buongustaio farà bene ad attenersi alla ricetta tradizionale.

Ditalini o cucchiai
Non è una vera e propria ricetta, ma un uso della farina di castagno per tenere occupati i bambini alla sera attorno al fuoco.
Si prendevano alcuni ditali da cucito, all'epoca di ottone, e vi si pressava dentro della farina di castagne; si ponevano poi sulla stufa o nella cenere calda in modo che la farina cuocesse in una specie di solido cilindretto dolce.
In tempi in cui le nonne usavano ancora lo scaldino, si usava porre il ditale entro di esso.
In alcune zone si usavano anche piccolo stampi appositi di rame o altro materiale.

La polenta
Far bollire due litri di acqua con qualche cucchiaio di olio e poco sale; versare 600 grammi di farina setacciata a pioggia e rimescolare bene per far sciogliere i grumi; eventualmente usare una frusta elettrica.
Far bollire a fuoco moderato e facendo attenzione che non attacchi, per circa 40 minuti; è quasi indispensabile usare un paiolo di rame. Togliere l'acqua che affiora e tenerla da parte.
Togliere il paiolo dal fuoco e rimescolare la polenta raggiungendovi la sua acqua per ottenere la giusta consistenza, paragonabile a quella di una polenta di farina di mais fine, un po' "lenta".
Rimetterla sul fuoco per un minuto o due fino a che incomincia di nuovo a scoppiettare e poi servirla.
Si può condire con olio e formaggio fondente oppure usarla come contorno per salumi o formaggi.
Anticamente veniva mangiata (senza condimenti) con latte caldo o ricotta o con alimenti saporiti come cipolle, pesci in aceto, salsicce in umido.
Devo confessare che in casa mia l'hanno sempre fatta come la normale polenta di mais, senza particolari operazioni … e a me piaceva!
Frittelle di neccio
Preparare la solita pastella, ma un po' più fluida.
In una padella portare a temperatura di frittura abbondante strutto (quando il cucchiaio di legno immersovi dentro sfrigola, il grasso è pronto) e poi con un mestolino versarvi la pastella in modo da ottenere delle frittelle di circa 7-8 cm di diametro. Cuocerle bene fino a che assumono un bel colore marron; qualche macchietta di bolla bruciaticcia non guasta.
Scolarle e servirle ben calde in modo da poterne usare due per fare una specie di sandwich imbottito di coppa, speck o formaggio a piacere che fonderanno per il calore.
Chi ha ingiustificate avversioni per lo strutto può usare anche olio, ma il sapore antico va perduto.
Varianti moderne poco comprensibili pretendono di trasformare queste frittelle in dolcetti e usano un po' di latte la posto dell'acqua, uva passa e, alla fine le spolverizzano di zucchero.
Da respingere l'uso dell'olio extravergine di oliva, che aggiunge un sapore non pertinente, o l'aggiunta di bicarbonato, privo di senso chimico.
Le Tagliatelle e le Lasagne di farina di neccio e grano
Le tagliatelle vengono sempre preparate mescolando assieme farina di castagne e farina di frumento tipo 0; a seconda della zona variano un po' le proporzioni, ma si può assumere che non si vada molto lontano dal giusto usando il rapporto di 6 etti di farina di castagne e 4 etti di farina di frumento. Anche il numero di uova da aggiungere all'impasto varia da 0 ad 8 a seconda dell'estro del cuoco.
Tre o quattro uova per ogni chilo di farine pare essere una dose ragionevole! Nelle antiche ricette ( armellette, che sono propriamente delle lasagne alquanto spesse ) o ( taiette ) non si usavano uova.
Così pure i gnocchetti liguri ( trofie ).
Un uovo si mette nei corzetti liguri che sono lasagne tonde su cui è stato impresso un disegno mediante un timbro tondo di legno, robustamente pressato su ognuna di esse, cosi da facilitare poi l'aderenza del pesto. La preparazione è semplice poiché è sufficiente impastare le due farine mescolate fra di loro con acqua tiepida salata e le eventuali uova.
 Si lascia riposare per una mezzora e poi si tira la pasta non troppo sottile con il matterello e si taglia nella forma di tagliatella o lasagna. Si cuoce poi piuttosto al dente in acqua salala (da 5 a 15 minuti a seconda della ricetta usata).
Si prestano ottimamente ad essere condite con il pesto, oppure con olio d'oliva e parmigiano oppure pecorino, meglio se sottilmente affettati. Qualcuno usa una crema di ricotta e acqua, ma trovo che non dà un sufficiente apporto di sapore.
Si può anche provare un buon sugo ai funghi.

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