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giovedì 7 aprile 2011

Ricette 10

Ragù al fegato di capretto
Tritate della cipolla e rosmarino e fateli soffriggere nell’olio d’oliva.
Quando cominceranno a prendere colore, aggiungete dei pomodori pelati spezzettati e privati dei semi, un pizzico di sale e peperoncino.
Al momento che la salsa comincerà ad addensare unite del fegato di capretto lavato e tagliato a pezzetti, mescolate, alzate la fiamma e versate del vino rosso, lasciando evaporare per due o tre minuti.
 Mettete un coperchio al tegame e fate cuocere ancora per circa dieci minuti. Salate a fine cottura per evitare che il fegato indurisca, e a piacere, prima di servire, aggiungete un trito di prezzemolo.


Elisir d'eterna Giovinezza
Prendere una parte di vino bianco e una parte di vino rosso e riscaldarli a bassa fiamma. Aggiungere poi del miele, cannella, chiodi di garofano, spicchi di arancia e limone. Lasciare riposare il tutto ancora sul fuoco, per il giro di una piccola clessidra (pochi minuti). Versare su una coppa l’elisir ben caldo, e assumerlo immediatamente.(P.S.l’Elisir dovrebbe essere bevuto almeno una volta al mese).
Nettare di Noci        (afrodisiaco)
Un documento medioevale dedicato agli afrodisiaci ci indica questa pozione davvero sorprendente per i maschi in buona salute.
"Fai ammorbidir de ciceri in latte miele. Lasciali ai raggi de lo sole per giorni tre.
(In assenza de lo sole, lasciali per tutta la notte in tiepido forno).
Aggiumgi cipolla trita finemente e impasta con le mani.
Modella gnocchi che frigger dovrai ne lo strutto di porco.
Mangiandone ogni mattina sodisfar potrai 100 dame
”.
Angelica l'elisir degli angeli   (afrodisiaco)

200 cl alcool a 90 gradi - 250 g semi di angelica - 250 g raschiatura di gambi di angelica verde
8 g semi di garofano - 1 g vaniglia - 1000 g zucchero - 50 g acqua
Mettete in infusione nell'alcol per 8 giorni i semi di erba angelica, di garofano e la vaniglia.
Trascorso il tempo travasate lentamente l'alcool.
Preparate uno sciroppo con lo zucchero e l'acqua, senza lasciarlo raffreddare versatelo in un vaso dove metterete la raschiatura di gambi d'angelica verde.
Fate raffreddare il composto e dopo aggiungete l'alcool.
Lasciate il tutto in infusione per un mese.
Filtrate il liquore e versatelo nelle bottiglie.

Bacche di biancospino
Gradevolmente acidula e leggermente vinosa, la polpa dei frutti di biancospino è zuccherina, croccante e profumata.
La preparazione si effettua lavando bene le bacche turgide, asciugandole con cura, e infine invasandole con bastoncini di cannella, chiodi di garofano e sciroppo di zucchero.
I vasi vengono poi sterilizzati e si conservano al buio per qualche mese.
Così preparate le bacche di biancospino non solo sono gustose ma hanno anche un buon contenuto di vitamina C.


Vi racconto una storia....Da bambino la nonna mi raccontava spesso questa fola.
Nei dintorni di Bolognana nei primi del 1600 viveva un benestante signore talmente autorevole che non voleva neppure far toccare i suoi nobili piedi per terra al punto che i suoi servitori erano costretti a stendere delle guide ogni volta che lui andava fuori dal suo palazzo.
Un giorno morì, da allora i residenti della zona e dei paraggi iniziarono a non avere più pace, fatti strani si avveravano di continuo, le coperte di notte venivano tirate, i paioli dove si faceva il formaggio si rovesciavano, le foglie formavano strani mulinelli, gli animali avevano i crini attorcigliati.
Ogni volta che succedevano queste malefatte qualcuno vedeva in giro un “Linchetto” che scompariva nei pressi del palazzo di quel potente signore.
Si cominciò a parlare di un fantasma, di uno spiritello dispettoso che vagava di notte ma un frate predicatore, sceso dal Monte Gragno,  riuscì a rinchiuderlo in una ruga che andava dalla croce del sacrato della chiesa, alla Polletta, dalla Borella al Pozzetto.
Questo non impedì il continuare dell’apparizioni che si limitarono però a quella zona e ancora oggi ogni tanto c’è qualcuno che dice di aver visto in giro un Linchetto
Questa vecchia leggenda a Bolognana ognuno conosce, perché tutti i genitori raccontano ai loro figli nelle giornate di freddo.

La gente di montagna ha una scorza ruvida, è rustica e di poche parole; ti sorride se deve sorridere e non si perde nel superfluo.
La gente di montagna è cresciuta a suon di intemperie e di duro lavoro e da sempre si è
nutrita con pasti frugali e nutrienti derivanti dai prodotti delle loro terre.
Conosce bene le asprezze del territorio in cui vive: clima rigido, scarsa fertilità e inaccessibilità dei terreni.A volte dalle insidie nascono però preziosi tesori quasi come se una terra aspra volesse ricambiare ai suoi abitanti il favore di non essere abbandonata.
I garfagnini, abitanti di una striscia di terra che si estende tra le cime dei monti alla silente valle passando da incantate selve.

Miscuglio di Venere       (afrodisiaco)
Toy de pevere onza una e una de cinamo e una de zenzevro e mezo quarto de garofali e un quarto de zafferano.”
Queste spezie macinate insieme, e ridotte in piccoli grani se non addirittura in polvere, risulteranno un composto eccezionale per aromatizzare le pietanze e “stimulare l’omo”.
Perché pepe e zenzero provocano vasodilatazione alla zona lombosacrale e quindi agli organi genitali.

Salsa al dragoncello
Ha come ingredienti foglie di dragoncello,  tritate, aglio tritato, mollica di pane imbevuta d’aceto e quindi strizzata e sale.
Si impasta il tutto, quindi si passa al setaccio e si unisce lentamente dell’olio d’oliva mescolando sino alla densità voluta.
La salsa di dragoncello è ideale per insaporire carni o pesci.

 
Salsa di ginepro
Sobbollire delle mela pelate con delle bacche di ginepro fino a ridurle a purea.  Addensate il composto, aromatizzatelo con bucce di limone finemente tritate, e zuccheratelo. Servite la salsa di ginepro a contorno di carni di maiale arrosto.
Liquore di Basilico

Dosi  per una persona:  40 g basilico, 50 g alcol a 95 gradi, 20 g limone ( scorza gialla), 100 cl di vino bianco

Fate macerare le foglie con l'alcool avendo cura di rimestare frequentemente. Dopo 6 giorni filtrate e aggiungete il vino bianco che avrete cura di scegliere molto buono. Filtrate nuovamente e consumate fresco. Se amate i delicati profumi di erbe aromatiche, questo liquore oltre che sollevarvi dalle digestioni difficili e dai languori di stomaco vi delizierà . Prendetene due bicchierini al giorno dopo i pasti.


Ricetta Liquore Al Basilico (2)

Dosi  per 4 persone:  100 cl  alcool a 90 gradi, 1000 g zucchero, 50 g foglie di basilico fresco
Ponete a macerare nell'alcool le foglie di basilico, ben lavate e sfilettate, per una settimana. Trascorso questo tempo fate sciogliere lo zucchero in un litro d'acqua fino a formare uno sciroppo. Filtrate l'alcool ed aggiungetelo allo sciroppo. Mescolate bene, imbottigliate ed aspettate due mesi prima di gustarlo. Nota: l'operazione di filtraggio va fatta con un imbuto foderato con carta da filtro oppure ostruito con un batuffolo d'ovatta o con l'aiuto di un colino molto fitto.

               Farina di Neccio della Garfagnana
La tradizione della farina di castagne o di "neccio" ha radici antiche, e per secoli ha sostituito o integrato la farina di grano nella preparazione del pane, dei dolci e della polenta, infatti dal punto di vista nutrizionale la castagna è un alimento sano, di facile digeribilità e molto nutriente.
Oggi la
farina di neccio viene apprezzata soprattutto per il suo profumo e per la sua delicatezza al palato.
Lunga e attenta è stata nel tempo la selezione delle piante più adatte a produrre i frutti migliori, quelli di medie dimensioni, che venivano posti ad asciugare in appositi locali

riscaldati da un fuoco alimentato con ciocchi di legno di castagno.
Anche quando viene usata per la
polenta le varianti non mancano, infatti accomagna bene anche la ricotta, formaggi non troppo stagionati, funghi trifolati o i salumi.
La "
farina di neccio della Garfagnana" si può gustare dopo il primo dicembre di ogni anno.La Farina di Neccio della Garfagnana  presenta un colore che varia dal bianco fino all’avorio scuro, un sapore dolce caratterizzato da un leggero retrogusto amarognolo ed una consistenza fine al tatto e al palato.
Nel dialetto della Garfagnana Neccio è la castagna e i suoi derivati, primo fra tutti il castagnaccio (originariamente castaneccio); la Farina di Neccio della Garfagnana è quindi farina di castagne, come ben si comprende dal profumo caratteristico del prodotto.
La Farina di Neccio ha costituito per molti secoli un alimento base per il sostentamento delle popolazioni della Garfagnana.

Il termine “neccio” nella zona di origine significa “castagno” ed ha origini molto antiche: la coltivazione ha inizio intorno all’anno mille, a seguito del boom demografico che comportò la messa a coltura di vaste aree incolte, da cui l’affermarsi del castagno come “l’albero del pane”.

Così, il profondo legame con il territorio è testimoniato già a partire dalla seconda metà del XIV secolo, quando il Comune di Barga emise disposizioni severe in merito alla raccolta ed all’esportazione dei frutti del castagno, imponendo addirittura un dazio sulla farina di neccio.
Successivamente, sul finire del XV secolo Barga si dotò addirittura di una legge specifica a tutela dei castagneti e dei suoi prodotti.
Laddove diventa ingrediente fondamentale della polenta, accompagna con gusto ricotta, formaggi non troppo stagionati, funghi trifolati o salumi.
Area di produzione:
La zona di produzione comprende le aree dei Comuni della provincia di Lucca di seguito elencati: Castelnuovo di Garfagnana, Castiglione Garfagnana, Pieve Fosciana, San Romano di Garfagnana, Sillano, Piazza al Serchio, Minucciano, Camporgiano, Careggine, Fosciandora, Giuncugnano, Molazzana, Vergemoli, Vagli, Villa Collemandina, Gallicano, Borgo a Mozzano, Barga, Coreglia Antelminelli, Fabbriche di Vallico, Bagni di Lucca.
L'essiccazione delle castagne è storicamente fatta nei metati cioè in strutture atte a contenere le castagne per l'essiccazione.
A noi oggi i metati sono pervenuti come costruzioni in muratura, generalmente sparsi nei castagneti, di ampiezza variabile, a metà altezza divisi da un solaio a stecche di legno
poste una vicino all'altra, il "canniccio", sopra il quale vengono stese le castagne. 
La coltivazione del castagno in Garfagnana interessa circa 5000 Ha, nella fasce altimetriche che vanno dal fondovalle fino a 900 m s.l.m., su terreni acidi o subacidi, utilizzando le seguenti varietà: Carpinese, Pontecosi, Mazzangaia, Pelosora, Rossola, Verdora, Nerona e Capannaccia; tutte varietà adatte ad essere trasformate in farina, conferendogli, ognuna di esse, particolari caratteristiche di sapore e gusto.
La produzione massima ammessa è di 3500 Kg ad ettaro.
La Farina di Neccio della Garfagnana si presenta finissima al tatto e al palato, di colore variabile dal bianco all'avorio scuro e con odore tipico delle castagne.
 Tra le ricette tipiche troviamo infatti la polenta di farina di neccio, i manafregoli (farina di neccio cotta con il latte), il castagnaccio (pizza al forno ottenuta con farina di neccio, olio, noci e pinoli) e, per concludere, quello che potremmo definire il pane della Garfagnana che prende, appunto, il nome di "neccio" ed è prodotto con farina, acqua e sale.
La coltivazione del castagno da frutto in Garfagnana ha inizio molto prima dell’anno mille e qui si diffusero le cultivar più idonee alla produzione di farina.
L’alimento base delle famiglie più umili era proprio la farina; da questa si otteneva il neccio o pane della Garfagnana che sosteneva i carbonai e taglialegna nel loro lavoro: non tutti potevano permettersi tacchino o piccione al forno!!
La farina di Neccio della Garfagnana deriva dai marroni della Garfagnana e si ottiene da un semplice e antico procedimento: dopo la cernita delle castagne migliori, queste vengono poste ad essiccare su cannicci nei metati dispersi nelle selve, fin dall’antichità ogni possidente anche di un piccolo terreno selvoso possedeva questa rustica costruzione,
dopodiché al termine dell’essiccazione venivano imballate e issate sulla groppa protetta da una bastina  venivano portate ai mulini ad acqua e macinate a pietra.
Se vi capiterà di fare una vacanza in Garfagnana, potrete entrare in un metato, la struttura in pietra in cui vengono poste ad essiccare le castagne.
I metati dal comignolo fumante, sono sparsi per i castagneti, e pensate che sino agli anni ’50 ve ne erano più di 7000 in tutto il territorio, mentre i mulini, per la macinatura delle castagne secche, circa 250.
L'essiccazione delle castagne è storicamente fatta nei metati cioè in strutture atte a contenere le castagne per l'essiccazione: sotto  il "canniccio", parte dove vengono stese le castagne, si fa un fuoco leggero, senza fiamma, con ciocchi di castagno; il fumo salendo attraverso le castagne le asciuga lentamente, per circa 40 giorni, rendendole pronte per la sgusciatura e la macinatura.
La macinatura a pietra delle castagne secche, darà vita a una farina finissima al tatto e
al palato, di colore variabile dal bianco all’avorio scuro e con odore tipico delle castagne.
L’ingrediente principale dei necci, squisiti dolci che vi faranno dimenticare le insidie quotidiane, sono simili a focacce, e possono essere gustati semplici o farciti di ricotta e  arrotolati.




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